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Una vacanza da sogno con un budget ridotto: la Thailandia ti aspetta

Quando andare: il periodo migliore va da novembre a febbraio, mentre è da evitare la stagione delle piogge (da giugno a ottobre).

Budget: molto ridotto, essendo tutto economico. Il livello igienico però nelle strutture più economiche potrebbe creare problemi. Alberghi di livello alto hanno costi accessibili e servizi da sogno

Quanti giorni: 3 per la capitale, se non amate il caos afoso e assordante. Una settimana per Phuket, da visitare facendo escursioni sulle isole e girando per i paesini con lo scooter

Cibo: delizioso, vario, prevalentemente non vegetariano/vegano. La frutta ha un sapore incredibile e ne esistono infinite varietà

Cosa mettere in valigia: costume, infradito e crema solare! Lo stile è rilassato e vacanziero, il caldo costante.

 

Quando mi chiedono un consiglio sul posto in cui fare vacanza di mare in inverno, consiglio sempre di cominciare dalla Thailandia. Non solo perché io stessa ho fatto lì la mia prima esperienza, ma perché ancora oggi – dopo che di barriere coralline ne ho viste un bel po’ – la Thailandia mi sembra il posto migliore in cui andare.

Devo ammettere che, vivendo in un luogo in cui l’estate dura sei mesi, ero piuttosto scettica sull’idea di investire le mie ferie in un viaggio che ha come meta principale il mare. Il viaggio in Thailandia però ha cambiato le mie idee a tal punto che esplorare mari lontani è diventata una specie di droga, tanto che alla fine ho dovuto interrompere il loop e deviare verso mete occidentali.

 

  1. Bangkok, il caos fatto città

 

 

La nostra vacanza inizia a Bangkok, ovviamente, luogo obbligato dello scalo per i viaggi dall’Italia. Essendo ancora alle prime esperienze, abbiamo pensato di passare in città ben 3 notti (due all’andata e una al ritorno), ma questa scelta è stata così sbagliata che non l’abbiamo mai più ripetuta (a Malè, addirittura, abbiamo cancellato anche l’unica notte prevista per prolungare la permanenza sull’atollo).

L’arrivo a Bangkok è di mattina e il nostro hotel a cinque stelle (pagato come un B&b di periferia in Italia, tipo 60 euro a notte nel 2019) ci trova ovviamente una stanza accogliente in cui possiamo collassare per smaltire le ore di viaggio e il fuso orario. Al momento della resurrezione, raggiungiamo il più vicino Minimarket per comprare una SIM locale. Qui sono attrezzatissimi e pronti con piani tariffari calibrati sulla lunghezza del viaggio e il numero di giga necessari e non abbiamo che da scegliere tra le infinite prepagate.

Abbandonati i miei amati frangipane del giardino dell’albergo e chiamato il primo taxi, inizia la nostra esperienza con il traffico di Bangkok. Esperienza che considero indubbiamente quella prevalente, di tutto quello che abbiamo visto nella città.

Io penso che ogni abitante di Bangkok, compresi neonati, abbia diverse auto e le usi contemporaneamente per spostarsi anche solo dal soggiorno di casa al bagno. Ho girato in città per l’arco delle 24 ore (voli economici = orari scomodi) e mai ho visto questo traffico ostinato dare segni di cedimento.

Una volta, per fare una semplicissima inversione a U da un lato all’altro della carreggiata, con semaforo a regolare il flusso, ci abbiamo messo 30 minuti. Farlo a piedi non era pensabile, perché scendere dal taxi avrebbe significato morire investiti. E così ci siamo limitati a guardare la hall dell’hotel dall’altro lato dello spartitraffico mentre le clessidre si consumavano a ripetizione.

 

 

Esiste un modo per affrontare al meglio il traffico della Capitale: il tuk tuk.

Anche in questo caso, farete meglio a prendere la pastiglia per il cuore o a fare testamento e disporre dei vostri beni prima di lanciarvi su questo veicolo che ha il sapore di una giostra.

Di tuk tuk ne troverete ovunque, a ogni angolo degli alberghi o delle attrazioni cittadine, pronti a portarvi ovunque vogliate. I conducenti vi sorrideranno benevoli, vi strapperanno un prezzo bassissimo e otterranno così la vostra fiducia. Da quel momento, la vostra vita sarà nelle loro mani: inizieranno a fare dribbling tra auto e autobus, salendo sui marciapiedi e calcolando (?!) al millesimo lo spazio disponibile, sprezzanti del pericolo e delle regole di un presunto codice della strada.

Noi il tuk tuk lo abbiamo preso in effetti abbastanza spesso, soprattutto per ridurre i tempi in ragione del traffico. Però non posso dire che sia stata un’esperienza a impatto emotivo nullo, specialmente durante il sabato sera, quando davvero ho pensato che non sarei mai arrivata a destinazione.

 

  1. Bangkok, una città da scoprire

 

 

Chiusa la parentesi sul traffico di Bangkok, torniamo alla visita della città.

Devo premettere che in Thailandia è un grave reato insultare il re (le pene per la lesa maestà arrivano fino a 15 anni di carcere) e che di questo vi avvisano guide e blog. Capirete dunque con quanta difficoltà io mi sia trattenuta dal commentare il gusto e la delicatezza delle sue gigantografie che campeggiavano ovunque. La mia stima nei suoi confronti è comunque salita quando, pochi giorni dopo, ha ripristinato di fatto la poligamia sposando la sua concubina, con tanto di cerimonia a cui è stata costretta ad assistere la prima moglie (che si era sposata in regime monogamico e non aveva fatto i conti con la nuova arrivata).

 

 

Il Palazzo imperiale di Bangkok vale la visita, sebbene qui ci sia un amore per il dorato e lo sfarzo che non mi trova del tutto d’accordo. La ricchezza va gridata e ostentata e deve luccicare anche da lontano.

A incuriosirmi di più sono stati i templi e le statue di Buddha. Bellissimo il Wat Pro, il tempio con il Buddha sdraiato, completamente ricoperto d’oro e finemente decorato. I dettagli sono magnifici, ma la visione d’insieme lascia senza fiato.

 

 

Da visitare assolutamente anche il Wat Phra Kaew, il Tempio del Buddha di Smeraldo, considerato il più sacro tempio buddista della Thailandia.

 

 

Infine, non potete non vedere il Wat Arun, probabilmente una delle immagini più iconiche di Bangkok, vicino alla riva destra del fiume Chao Phraya. Per le foto più belle andateci all’alba e osservate i riflessi delle luci.

 

  1. Bangkok, la vita sul fiume

 

Al tramonto, abbiamo fatto una delle esperienze che ancora oggi ricordo come di maggiore impatto (ero ancora ai miei primi viaggi intercontinentali) e più significativa: un giro in barca sul fiume. Non avevamo programmato di farlo e ci siamo semplicemente lasciati abbordare da un conducente di tuk tuk che per pochissimi soldi si è offerto di accompagnarci da un suo amico che ci avrebbe fatto un giro in barca (dai tuk tuk vi proporranno visite guidate degne dei più attivi tour operator). L’idea di un giro sull’acqua al tramonto, finalmente liberi dalla morsa atroce dell’afa, ci allettava e abbiamo accettato.

Dopo la prima parte del tragitto, fatta costeggiando palazzi e templi ben curati e hotel di lusso, la nostra barca si è insinuata in canali meno affollati e luminosi. Qui lo scenario è diventato del tutto diverso: case senza tetti, catapecchie, palafitte, case fatte con file di cartoni e pannelli di plastica, panni stesi ovunque, animali e bambini insieme, stoviglie lavate nel fiume, utensili accatastati, bambini seminudi e quartieri in cui le comodità non sono neppure ipotizzabili. Questa parte di Bangkok non l’avevo ancora immaginata e non mi ero ancora chiesta da dove venissero quelle ragazzine che si vendono ai ricchi occidentali. Andando a Iquitos ritroverò lo stesso “stile architettonico”, ma non lo stesso senso di tristezza che ho provato a Bangkok.

 

 

La sera del primo giorno abbiamo deciso di fare un giro al Parco Lumphini, un complesso di localini sul fiume molto trendy e pieno di giovani. Lucine appese e lo sfondo del fiume completano il quadro.

 

 

Il secondo giorno abbiamo preso un taxi per andare al Floating Market, un mercato galleggiante che vale la pena visitare. Siamo arrivati lì dopo aver fatto quella che ancora oggi resta la migliore colazione mai fatta: lo chef preparava sul momento qualunque cosa salata si potesse desiderare, mentre distese di frutta freschissima e succulenta facevano l’occhiolino, appena oscurate da dolci di ogni tipo e provenienza. Lele ha di fatto pranzato a base di salsiccia, uova, pane freschissimo e non so cos’altro. Dopo una colazione del genere, siamo arrivati al mercato disarmati, pensando a una mera visita da turisti, da spettatori.

Le buone intenzioni sono state presto abbandonate, quando ci siamo trovati davanti barchette su cui giovani donne cucinavano a costi ridicoli (tipo 6 euro per un pesce freschissimo) pesci appena pescati grigliandoli e cospargendoli con spezie dal sapore intensissimo. Io sono vegetariana, per cui mi sono limitata al riso caldo con latte di cocco e mango (la mia cena quasi ogni giorno), ma Lele ci ha dato dentro con il pesce ripieno cui subito il suo stomaco aveva fatto posto. Una bella Tiger (in pratica la Dreher thailandese) a completare il tutto e con 10 euro abbiamo mangiato in due, su una piattaforma galleggiante circondata da barchette di street food.

 

 

Da Bangkok si può andare anche a visitare un mercatino tutto particolare, in cui i venditori si sistemano sui binari di un treno e si alzano in tutta fretta all’arrivo della locomotiva. Lo spettacolo è di certo meritevole, ma non siamo riusciti a inserirlo nel nostro itinerario.

Dopo questo pranzo flottante abbiamo ripreso un taxi che con pochissimi euro, dopo un’ora di strada, ci ha riportati a collassare in hotel. A Bangkok il caldo è asfissiante, soffocante, terribile. L’afa toglie il fiato e lo smog costante peggiora la situazione. Se alzate gli occhi al cielo, sarete assaliti dalla visione di milioni di fili elettrici intrecciati in un modo talmente intricato che ci vorrebbero migliaia di vite per venirne a capo. Il pomeriggio è stato dunque aria condizionata e piscina.

La sera abbiamo raggiunto un amico che vive a Bangkok ed è fidanzato con una thailandese. Ci hanno portati su un rooftop in un ristorante ultra-chic dal servizio eccellente. Come ho già detto, in Thailandia i prezzi sono molto bassi e la qualità del servizio è altissima, per cui è facile concedersi lussi che altrove sarebbero impensabili (come dire, se a Los Angeles si predilige il fast-food, qui si può puntare al ristorante stellato).

La mia unica vera conoscenza con una thailandese si esaurisce con la fidanzata di questo amico, di cui ho notato immediatamente la grandissima attenzione ai bisogni e ai desideri dell’ospite. Si è preoccupata che io avessi il cibo vegetariano (perché ovviamente mi hanno portato il pad-thai con gamberi ritenendolo veg), ha risposto a tutte le nostre domande sulle tante curiosità che avevamo, è stata gentile e servizievole come se la dovessimo pagare. Ho capito che in Thailandia la cultura dell’ospitalità è molto diffusa e che ci si impegna molto a soddisfare i bisogni altrui.

 

 

La disponibilità di questa gentile fanciulla si è purtroppo scontrata con la mia curiosità di viaggiatrice e così, quando le ho chiesto se fosse vero che c’erano dei quartieri pieni di ragazzine che si offrivano per pochi soldi al miglior offerente, è stata costretta a dirmi la verità e si è sentita in dovere di accompagnarmici. Io ero ancora basita per lo stupore del suo fidanzato, che fino a quel momento mai aveva saputo di questi locali, e non sono riuscita a impedirle di farmi da guida.

Lo scenario che abbiamo visto lo tralascio volutamente. Dirò solo che è stato considerato strano il fatto che io e il mio fidanzato ci baciassimo in pubblico, nonostante fossimo circondati da donne nude. Sui gusti e/o i pudori locali non voglio esprimere nessun giudizio.

Comunque, se andate a Bangkok potete tranquillamente evitare questi locali. L’immagine che avrete della città ne gioverà.

 

  1. Il paradiso sul mare: Phuket

 

 

Il terzo giorno, finalmente un comodissimo volo Thai Airways, con le hostess colorate e gentilissime, ci porta in un pezzo di paradiso terrestre: Phuket.

Io so che ci sono molti altri luoghi belli da esplorare in Thailandia, anche nella parte Nord, ma la nostra esperienza si è limitata a questo posto famosissimo e non a caso gettonatissimo.

All’arrivo a Phuket, abbiamo noleggiato uno scooter (il modo più comodo per spostarsi nell’isola) e abbiamo raggiunto il nostro hotel cinque stelle. Anche in questo caso, il costo era così basso che sarebbe stato un peccato mortale non approfittarne.

Ad un prezzo in cui a Milano non si trova neanche una stanza su Airbnb, abbiamo avuto una bellissima camera con vista giardino. La versione superior era con le stanze che davano sul mare, vista tramonto, con piscina privata con comodi salottini subacquei. Noi ci siamo accontentati di questa stanza che con tre passi ci consentiva l’arrivo alla piscina con bar interno (si beve restando in piscina), con vista mozzafiato su un tramonto spettacolare.

Non voglio con questo raccontare un viaggio di lusso, sia chiaro. Noi viaggiamo zaino in spalla e scegliamo quasi sempre gli ostelli. Però in Thailandia con un budget limitato ci si può permettere comodità che altrove non sarebbero accessibili ed è stato giusto sfruttare l’occasione. Del resto, siamo arrivati il 1° di marzo, inizio della bassa stagione (ma il tempo è stato sempre stupendo).

 

 

Il nostro Hotel, Crest Resort, aveva una spiaggia privata il cui nome non tradiva le aspettative: Paradise Beach. In pochi minuti di scooter siamo arrivati al parcheggio e da lì abbiamo preso un jeepney che ha sfrecciato per una strada scoscesa (la guida in Thailandia è sempre un po’ da videogame) e ci ha portati alla spiaggia.

Come ho scritto, questo era il mio primo viaggio verso mari lontani e non ero pronta allo spettacolo che mi si è presentato davanti: a pochi passi dalla riva, pesci coloratissimi nuotavano indifferenti tra i bagnanti, sfoggiando i colori più disparati e dandomi l’impressione di essere in un acquario. Io sono amante del mare e adoro nuotare, per cui quello è stato per me un momento indimenticabile di gioia ed emozione. Sono sicura che in un’altra vita ero un pesce o forse una tartaruga marina.

La sera, mentre cenavamo in un ristorante indiano (i vegetariani non hanno vita facile nei posti di mare), Lele ha preso l’iniziativa di comprare quella che ho chiamato la “Go-plo”: come una go-pro, ma la versione cinese da 20 euro. Come ho detto, non eravamo pronti a ciò che avremmo visto e non avevamo ancora la strumentazione adatta (che dopo questo viaggio abbiamo comprato e poi via via migliorato).

La scelta è stata credo influenzata dal fatto che nel fare le foto a questi meravigliosi pesci mi sono giocata il cellulare (è entrata acqua nel foro per il caricabatteria) … anche queste sono esperienze (ma non è stato l’ultimo cellulare che ho fatto fuori così e non so dire se i cellulari mi durano poco perché li prendo economici o se li prendo economici perché con me durano poco).

 

  1. I massaggi Thai

 

Dopo tanto camminare e nuotare, abbiamo deciso di provare un massaggio Thai. Abbiamo chiesto a Tripadvisor un consiglio e abbiamo prenotato nel posto che è al numero 1. All’arrivo, un gruppo di donne in grembiule ci ha accolti e condotti in un corridoio in cui si trovavano cabine massaggio create semplicemente con un gioco di tende, per avere più cabine possibile. Io e Lele abbiamo scelto fiduciosi il Thai massage. Va premesso che al tempo eravamo podisti seri, ci allenavamo molto ed eravamo pieni di dolori muscolari. Questo ha certamente reso l’esperienza al tempo stesso utile e dolorosissima. La massaggiatrice di Lele, con fare sadico, agiva con forza sulle sue contrazioni muscolari e rideva a ogni urlo dicendo “Thai massage”. La mia era più empatica e faceva meno pressione. Il massaggio è stato di certo decontratturante, ma non lo abbiamo fatto più: troppo dolore.

Comunque, da quel giorno siamo tornati ogni sera a fare un massaggio (costano 5 euro per 50 minuti) e ne abbiamo provati diversi, da quello rilassante a quello contro le scottature, da quello con le pietre calde (non proprio l’ideale dopo aver preso il sole) a quello tonificante. I massaggi thailandesi, per il prezzo e la competenza delle massaggiatrici, sono assolutamente da sfruttare al massimo.

 

  1. Il mercato di Phuket

 

La sera, stanchi e felici, è un’ottima scelta andare a cena al mercato centrale. Anche qui, inutile dirlo, ho potuto mangiare solo cocco, riso e mango, oltre a una frutta freschissima che ancora oggi rimpiango. È per gli onnivori però la gioia vera: creature marine di ogni tipo sono offerte al forno, fritte, alla brace, essiccate, cucinate in mille modi diversi. Il piccante in Thailandia picca davvero e dovete stare attenti se non volete trovarvi col fumo che esce dalle orecchie.

L’igiene non è esattamente il piatto forte della casa, bisogna ammetterlo: ogni tanto qualche topo circola tra i rifiuti abbandonati ai lati. Questo non ci ha infastiditi più di tanto, perché quando viaggiamo alziamo il livello di adattamento, e ci ha dato conferma del fatto che almeno non mangiano ratti (a differenza dell’Amazzonia, dove sono il pasto tipico).

 

 

  1. La vita notturna di Patong Beach – Phuket

 

 

La sera bisogna dedicarla alla famigerata Patong beach. All’arrivo una scritta a caratteri cubitali annuncia l’ingresso al templio (o l’inferno) del divertimento: musica sparata a tutto volume dai locali che si susseguono senza sosta; ragazzine seminude che chiamano con insistenza per invitare i passanti ad entrare; venditori ambulanti di scorpioni su stecco che offrono il loro singolare snack; massaggiatrici ammiccanti che sfoggiano un listino prezzi fasullo.

L’attrattiva principale di questi locali è, a quanto pare, il ping pong show, qualcosa su cui non intendo pronunciarmi. Dalla strada si vedono comunque ragazze che ballano intorno ai pali, più o meno svestite e cariche di soldi. Non sono i cabaret di Praga, chiusi nei palazzi, né i night di città: qui tutto è all’aperto, visibile a chiunque passi, interessato o no.

Ci sono anche locali più ordinari, in cui si può bere senza spogliarelli, ma la musica è sparata a livelli estremi e si rischia la sordità.

Forse questo resoconto di Patong Beach dà di me l’immagine di una bigotta o di una a cui piace fare cena e nanna. In realtà amo la vita notturna e amo andare a ballare o ascoltare musica dal vivo, ma gli eccessi – in ogni campo – mi stancano.

 

  1. Freedom beach: la spiaggia selvaggia

 

 

Paradise beach è senza dubbio bellissima, comoda da raggiungere e ben attrezzata e ci abbiamo passato molto tempo, anche perché avevamo l’ombrellone incluso.

Ma la spiaggia più bella l’abbiamo raggiunta con molta meno comodità.

La Lonely Planet ci indicava questa spiaggia, Freedom beach, indicandola come un luogo da visitare assolutamente. La guida suggeriva anche di arrivarci via barca, ma qualche simpatico blogger aveva raccontato di esserci arrivato a piedi e quella ci è sembrata l’opzione migliore.

Impostato il navigatore e inforcato lo scooter, ci siamo diretti verso la meta fiduciosi. Arrivati a destinazione, non vedevamo davanti altro che una fitta vegetazione ed eravamo comunque molto in alto rispetto al livello del mare. Il navigatore, consultato più e più volte, ci dava come unica risposta che eravamo già a Freedom beach. Prima di disperarci, ci siamo messi a googlare un po’ finché non abbiamo trovato la risposta: per raggiungere la spiaggia della libertà è necessario attraversare questa fitta vegetazione, oltrepassare un cancello che segnala senza alcuna convinzione che si tratta di proprietà privata e seguire un sentiero scosceso e ripido, durante il quale pinne e maschera volano più volte. Non è adatto a bambini, anziani o persone pigre, diciamolo.

Noi, che in qualche modo scegliamo sempre la strada più autentica e complicata, ci siamo molto divertiti a percorrere questo sentiero ad ostacoli (con potenziale violazione di domicilio) per arrivare a una striscia di sabbia circondata da palme, con pochi asciugamani e pochi bagnanti, servita da un solo bar dove immediatamente ci siamo lanciati per bere e riprendere fiato.

Se Paradise Beach era un paradiso, Freedom beach è il paradiso del paradiso. Se amate fare snorkeling sarete felicissimi di nuotare in questo mare caldo, in cui anche due ore a mollo non fanno sentire il minimo brivido di freddo. I pesci sono colorati, i coralli a due passi, le palme cariche di cocchi (occhio alla testa) e il mare blu intenso.

Il bar della spiaggia offre pesce freschissimo a pochi soldi (il pranzo ci è costato 5 euro a testa, nel 2019) e la birra Tiger è servita ghiacciata.

Coloro che ci arrivano in barca non sapranno mai cosa si prova ad avventurarsi per la collina e a sentirsi un po’ parte di una spedizione esplorativa.

 

  1. Le escursioni in barca a Phuket: Ko Rok

Questa è stata l’escursione che mi ha fatta innamorare della Thailandia. La mattina ci siamo portati con lo scooter in un porto da cui, salvagente alla mano, ci siamo imbarcati a bordo di un’imbarcazione tipica. Le tappe non le ricordo, francamente, con l’eccezione di un posto che mai dimenticherò: Ko rok. Il nome aggressivo non rende giustizia a questa isola paradisiaca baciata da dio in cui i pesci sono coloratissimi, numerosissimi, indifferentissimi all’uomo e onnipresenti. Sull’isola si incontrano anche i varani, tipici animali che all’inizio ci sembrava fossero coccodrilli.

Durante il nostro viaggio le Phi Phi Island erano chiuse per consentire la rigenerazione dell’isola, per cui non so dire se siano più o meno belle di ko rok. Ad ogni modo, un’escursione su quest’isola vale da sola il viaggio.

Finita la gita in barca, abbiamo comprato una bottiglia di carburante per strada (già, a Phuket il carburante è venduto in bottiglie come quelle dell’olio d’oliva e si compra per strada, nei chioschetti) e siamo andati in una locandina creata con tre lamiere all’incrocio di una strada, che ci era consigliata dalla Lonely planet. Io non ero molto d’accordo sui 20 minuti di strada da fare per arrivare a una bancarella, ma Lele era determinato e così l’abbiamo provata. Il posto era squallido, sporco per i nostri standard, ed eravamo i soli turisti: eravamo nel posto giusto. Qui Lele ha mangiato il miglior cibo thailandese della sua vita (io ero sempre col riso in bianco e la frutta, lo sapete) e gli è piaciuto così tanto che ci siamo tornati l’ultima sera. Il costo, per due persone compresa la birra, era di cinque euro: ci sarà un motivo se tanti pensionati decidono di trasferirsi in Thailandia per fare la bella vita.

 

  1. Promthep Cape e un po’ di vita autentica

 

L’ultimo giorno abbiamo deciso di spingerci a sud e di vedere Promthep Cape. Qui il panorama è diverso, ricco di verde e di lunghe distese senza insediamenti. Al mare non ci siamo andati, perché ci siamo arrivati per goderci il tramonto.

Per la strada, lontani dal nostro cono dorato di resort e spiagge da sogno, abbiamo incontrato molti camion scoperti che trasportavano lavoratori che tornavano a casa, con la faccia stanchissima. Fino a quel momento avevo pensato che i soli lavori esistenti fossero legati al turismo.

Lungo il tragitto abbiamo anche incontrato degli elefanti e abbiamo scoperto che era possibile prenotare un’escursione a bordo di uno di loro. Non ci è sembrata un’esperienza da provare (non è come trovarsi un elefante libero nel proprio habitat) e siamo andati oltre.

 

 

  1. Le altre spiagge di Phuket

L’ultima esplorazione l’abbiamo fatta da Surin Beach a Laem Sing beach. Anche qui, per arrivarci abbiamo scelto un percorso interno da percorrere a piedi, tra scalini e rovi. Purtroppo, all’arrivo il mare era agitatissimo, tanto che nessuna barca ci era arrivata. I cocchi penzolavano pericolosamente dall’alto delle palme e abbiamo desistito dalla voglia di cercare riparo all’ombra. Per fortuna, anche qui un baretto sugli scogli ci ha consentito una pausa rinfrescante con la nostra Tiger.

A Phuket abbiamo girato tantissime spiagge (Karon beach, Kamala beach, Patong beach tra le più famose). La temperatura dell’acqua è estremamente piacevole, le strade sono scarsamente affollate e le distanze percorribili con lo scooter, i prezzi sono bassi e i fondali grandiosi. Una buona attrezzatura per lo snorkeling vi permetterà di apprezzare al meglio il mare.

I prezzi sono molto bassi rispetto ai nostri standard, ma non sempre l’igiene è garantito. Se non volete fare esperienze da locals e volete essere certi che tutto sia impeccabile, prediligete i posti più costosi (che saranno comunque economici).

 

 

  1. Perché andare in Thailandia

 

 

La Thailandia ha compreso a fondo come sfruttare le proprie risorse e proporsi al mondo come meta accogliente ed economica, moderna, competitiva sotto molti aspetti.

Il sapore e il colore della frutta non li dimenticherete mai, così come i colori dei fiori (io amo i frangipane, qui onnipresenti). Per gli onnivori il cibo è divino e infatti si sa che quella thailandese è considerata una delle cucine migliori al mondo.

Qui ho proposto un itinerario di mare, da fare durante il nostro inverno. Ci sono altri itinerari, anche interni, che mi propongo di fare in futuro. Attenzione solo a non beccare la stagione delle piogge, perché qui si tratta di veri e propri diluvi che non lasciano tregua per giorni e che paralizzano i trasporti (anche se ho amici che hanno girato la Thailandia proprio durante la nostra estate, sfidando il pericolo).

È una vacanza da sogno anche per budget ridotti e non a caso sono molti gli italiani che, facendo lavori stagionali, la scelgono per passarci l’inverno. Il governo si è adeguato con visti appositi.

Non vi resta che partire, pinne e maschera al seguito.